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Carlo De Carli

De Carli è un architetto “globale”, come tutti coloro che vanno oltre l’ambito della propria attività professionale e quello stesso dell’insegnamento universitario con le relative elaborazioni teoriche, metodologiche, storico-critiche, progettuali, per promuovere l’architettura fin nei suoi stessi processi costruttivi e fruitivi. Nel suo caso ciò è avvenuto soprattutto tramite l’attivazione di circuiti culturali fra professione, scuola, mondo della produzione, utenti: dalle Triennali, con cui collabora dal 1940 fino al 1973, alla pubblicistica (tra il 1957 e il 1960 dirige “il mobile italiano”, mentre tra 1967 e il 1971 è direttore di “Interni”), alle molteplici iniziative per il rinnovamento dei centri di produzione mobiliera. Docente di Architettura degli Interni, Arredamento e Decorazione e direttore del relativo Istituto, dal 1965 al 1968 è preside della Facoltà di Architettura, dove ha insegnato fino al 1986. L’intera attività di De Carli si dipana attraverso una serie di principi teorici ricorrenti, quali: la continuità fra architettura e natura, le unità di architettura, lo spazio primarioFin dai suoi primi scritti, il pensiero progettuale di Carlo De Carli tende a relazionare le opere di architettura e di design a un unico disegno creativo del cosmo. Le forme artificiali della velocità e le forme degli animali veloci, con le fibre in tensione e un lievissimo contatto con la terra, danno suggestioni profonde ai suoi mobili, come nel caso delle sedie mod. 683 (premio Compasso d’Oro) e 693, prodotte da Cassina nel ‘54 e nel ‘59. Le architetture rifiutano il sistema volumetrico razionalista “a cassetti” tirati avanti e indietro su una matrice ortogonale, e articolano gli spazi in aderenza al terreno attraverso slittamenti e piani inclinati che permettono di realizzare, non solo funzionalmente, ma anche visivamente, uno sviluppo continuo dello spazio – “la casa non è un oggetto posato sul terreno, ma di ogni cosa intorno è la continuazione” (1944).